Autore
Roatta F.
Editore
Fabiano editore
Luogo di pubblicazione
ISBN
Pagine
199
Dimensioni
22x28,5
Lingua
Anno pubblicazione
2007
Rilegatura
Illustrazioni
b/n e col.
Lappassionato catalogo delle opere compilato da Francesco Roatta e lacuta introduzione di Ernesto Billò, rendono finalmente omaggio ad una gloria monregalese finora più citata che nota, conosciuta da molti, ma dai tratti biografici ancora un poco oscuri, e tanto più quando ad entrare in campo è la sua formazione, e le apparenti anomalie di un linguaggio espressivo che sembra non condividere sempre lo spirito del tempo. Di questultimo aspetto danno spesso conto le pagine seguenti, dove loscillazione fra i termini barocco e neoclassico, soprattutto, adatta ad illustrare un artista che potrebbe essere nato per lo meno a metà dellOttocento, o poco prima, e quindi educato a quelleclettismo tanto in voga negli anni tardi del secolo, si riferisce invece ad uno scultore nato sotto Napoleone, e dotato di un sistema espressivo ben preciso e connotato, ma effettivamente ondivago. Sotto gli occhi Antonio Roasio aveva ben due ricche ed importanti tradizioni artistiche: quella ligure, anzitutto, sviluppata da lunga data soprattutto nelle vicende della bottega dei Maragliano, e quella piemontese, in particolare torinese, diffusissima nel cuneese, i cui esempi più significativi, di Carlo Giuseppe Plura, di Giuseppe Antonio Riva, di Stefano Maria Clemente, di Ignazio Perucca, punteggiavano parrocchiali e confraternite, con espressività diverse, ma sempre con una tenuta elevata di livello emozionale. Ciò che viene meno, se questa è stata la sua formazione, è però la consapevolezza di appartenere ad un momento diverso e successivo, come se nulla fosse intercorso dai tempi del cosiddetto barocco. Ma fu sempre così? Il Roasio che completa gli stalli provenienti dalla certosa di Casotto per la cattedrale di Mondovì non sembra in effetti aver molto in comune con lo statuario più vorticoso (come a Peveragno, o nella splendida Assunta di Corneliano), ma sembra invece consapevole del diffondersi dellornato carloalbertino, e lo stesso discorso si può fare osservando alcune sue sculture dal rigore e dal linearismo sinceramente ed apertamente contemporaneo (come nella Madonna del Rosario di Igliano). Del suo concorrente nel monregalese Antonio Brilla, di poco più giovane, gli mancava lesperienza più ampia, il contatto diretto con calibri del livello di Bartolini e Duprè, da Brilla conosciuti a Firenze prima di dedicarsi in forma esclusiva alla scultura sacra nelle sue terre savonesi. Perciò il suo percorso è così tortuoso, antiaccademico, reso complesso da fonti non univoche. Nativo di Bardineto, incuriosisce subito il cognome della madre, Teresa Murialdo: non varrebbe forse la pena di estendere la ricerca a quel ramo materno, per capire se più di un evidente rapporto di simpatia artistica legasse il giovane Antonio al più vecchio scultore savonese Stefano Murialdo (che ha lasciato un gruppo scultoreo di tutto rispetto anche a Lisio), morto nel 1838? Il catalogo raccoglie informazioni setacciando dalla storia locale (non tutta su una linea univoca di ammirazione come forse ci si potrebbe aspettare, ma spesso anche molto generosa con le glorie municipali), dalle citazioni in storie dellarte territoriali, ed anche da benemerite e purtroppo di necessità limitate ricerche darchivio, le uniche in grado di ricostruire i contesti, le sole capaci di portare veramente avanti la ricerca storico-artistica, spesso inaridita in un eccesso di confronti stilistici inconcludenti. Limpossibilità di verificare sempre le fonti porta senzaltro ad accogliere qualche percorso depistante: quale sarà ad esempio la vera storia della cassa dellorgano di Trinità? E quale quella della Madonnina di Castelletto di Busca? Ma tutto ciò non può che risolversi nel suggerimento di nuove strade, nella necessità di una serie di scandagli più analitica e di una messa a punto critica più stringente, magari in occasione di quella mostra roasiana di cui si parla spesso, nei sempre concitati incontri, più o meno casuali, con don Beppe Bongiovanni, sciabattando su e giù per i cantieri di Piazza. Ciò che vale inoltre la pena di sottolineare, è lapprodo, finalmente, ad una dimensione monografica e biografica, anche per un artista (ed anzi per uno scultore, vil razza dannata della storia dellarte) dellOttocento monregalese: e poco male se così contemporaneamente dialettale e complicato, sfuggente e diffusissimo: queste qualità contraddittorie potranno al contrario persino stimolare qualche studente ad affrontare con Roasio una tesi di dottorato, se lUniversità si interesserà un giorno anche a questi fenomeni di confine, culturale prima che geografico. La lista dattesa dei candidati ad una monografia intanto si allunga, tocca anzitutto Andrea Vinay, pittore dal pedegre e di tutto rispetto, presenza fedele di tante chiese e di tante sacrestie del monregalese, e potrebbe proseguire seguendo ancora la traccia, pressoché indelebile, che Billò ha costruito ormai trentanni fa. Da parte nostra, la felice conclusione del restauro della Addolorata di Paroldo, e limminente recupero dei due gruppi della parrocchiale di Valdieri, porta a ben sperare per il destino, anche fisico, della concitata selva orchestrata da Antonio Roasio in tanti anni di paziente artigianato artistico. Walter Canavesio Soprintendenza al Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico del Piemonte.