Autore
Bonetti/Schlinkert
Editore
five continents
Luogo di pubblicazione
ISBN
Pagine
190
Dimensioni
Lingua
Anno pubblicazione
2004
Rilegatura
Illustrazioni
Bianco e nero
Una mostra che parla di Africa, di storia e tradizione con il tono sensibile dell'ironia. Organizzata dall'Istituto Nazionale per la Grafica, in collaborazione con il Comune di Verona, prima retrospettiva in Italia dedicata al fotografo africano Samuel Fosso. Sulle pareti della Calcografia circa 120 opere fotografiche, realizzate tra il 1975 e il 2003. Oltre le diverse serie di autoritratti, che costituiscono il principale motivo di interesse della ricerca espressiva dell'autore, la mostra propone alcune immagini relative all'attività professionale e alle tecniche, che stimolano la rilettura del genere fotografico più diffuso nei paesi africani, il ritratto in studio. "Un giornalista inglese ha dato a mio nonno la qualifica di "stregone". Ma per noi uno stregone è qualcuno che fa del male. Si dice anche che mio nonno facesse dei miracoli, ma non confondiamo. Quaggiù i miracoli non esistono: lui utilizzava il suo potere per il bene, curava e salvava i sofferenti, tutto qua. La gente diceva di me che ero un babbeo, un incapace, perché ero malato e paralizzato ai piedi e alle mani. La medicina moderna non era riuscita a guarirmi, mentre lui ci era riuscito. Mi ha reso la vita, senza di lui io non sarei qui. Avrebbe voluto che diventassi guaritore anche io, che imparassi la sua arte". Così l'artista inizia il racconto della sua vita e dei primi passi mossi tra la camera oscura e le rimanenze di pellicola. Nel 1975, a soli 13 anni, Samuel Fosso apre a Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana, uno studio fotografico. Un'infanzia drammatica, paralizzato alle gambe fino all'età di quattro anni, tre anni di guerra del Biafra, la conseguente fuga dalla Nigeria alla Repubblica Centrafricana, infine le tensioni e la precarietà postcoloniali di un paese governato da Bokassa, inducono Fosso a inventarsi un proprio mondo, ad estraniarsi dalla realtà. Lo studio, terminato il lavoro quotidiano, si trasforma in uno spazio di autorappresentazione, un laboratorio di idealizzazione e teatralizzazione. Fosso anticipando le correnti della fotografia postmoderna inventa il suo palcoscenico di performances. Inizialmente si ispira alle star, alle icone patinate di cantanti e personaggi famosi, riprese da copertine di dischi e pagine di riviste occidentali alla moda. I suoi autoritratti praticano una vera e propria rivoluzione, esaltando i temi politici e sociali attraverso la dimensione della fantasia