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Fin dall’inizio del Cinquecento generazioni di artisti olandesi attraversano l’Italia, attratti dalla sua arte: da Venezia fino a Roma e a Napoli disegnano con passione le opere di Raffaello e di Michelangelo; fondano scuole e tendenze, trasmettendo il gusto per la pittura di paesaggio; alcuni vi prendono dimora. Nel Seicento la scuola olandese, già definitivamente formata e autonoma rispetto a quella fiamminga, vive il suo secolo d’oro, favorita dalla stabilità politica e dalla fiorente economia, accogliendo idee e conoscenze importate dall’Italia da artisti come Heindrick Goltzius, i «caravaggisti di Utrecht» e più tardi i paesaggisti italianizzanti, culminando con Rembrandt e la sua scuola. Questo complesso scenario incide profondamente sul collezionismo di opere d’arte in Italia, e i dipinti fiamminghi entrano a far parte di ogni importante raccolta, in particolare di disegni, da Giorgio Vasari alla collezione Corsini. Ora la Biblioteca Reale di Torino espone la sua raccolta di disegni e di vedute olandesi, a penna o in gessetto nero, acquisizione munifica di Carlo Alberto